I “bambini digitali” sono l’evoluzione di quei “nativi digitali” che nel 2001 fecero il loro ingresso sul palcoscenico sociologico ed educativo mondiale. Il termine “nativi digitali” venne coniato dallo statunitense Mark Prensky, sociologo ed esperto di educazione, per indicare la prima generazione di bambini cresciuta a pane e computer (o altri dispositivi elettronici). I bambini digitali, invece, nascono un decennio dopo circa, con l’arrivo dell’iPad, del tablet o dello smarrtohone con l’accesso a internet e con un accesso immediato più semplice ed intuitivo da utilizzare rispetto ad un comune pc.
Accanto a loro convivono altre due popolazioni: gli immigrati digitali, cioè coloro che hanno appreso da adulti il web-world e i fruitoridigitali, cioè coloro che per necessità o per obbligo devono usare il web ma in linea di massima ritengono gli venga complicato farlo.
Ci troviamo in un preciso momento storico, nel quale si può osservare una straordinaria complessità del mondo interattivo con i suoi Facebook, Twitter, Messanger, You Tube, ecc, il tutto mostra al tempo stesso le potenzialità e i pericoli di una società in cui i nativi digitali cercano certezze e trovano complessità.
Capita sempre più spesso di vedere bambini, anche di pochi anni, che magari muovono con difficoltà i primi passi senza il sostegno dei genitori, ma già capaci di giocare con le applicazioni di un tablet, in grado di cambiare con sicurezza schermata e lanciare un episodio del loro cartone animato preferito senza alcun minimo problema.
È tutto merito della cosiddetta capacità di rappresentazione enattiva come direbbe lo psicologo J.Bruner, infatti nei primi anni di vita quando ancora il linguaggio non è particolarmente sviluppato, i bambini classificano gli oggetti del mondo con parole e/o simboli e le mani sono il prolungamento dei loro pensieri, questo gli permette di utilizzare con assoluta naturalezza il touchscreen di questi dispositivi.
Con il passare degli anni continuano ad affinare la loro abilità fino ad arrivare all’adolescenza, periodo della vita in cui, tendenzialmente vivono in case e più precisamente in camere ad alto contenuto tecnologico con la possibilità di essere “sempre connessi”.
Un’indagine condotta nel 2014 da Telefono Azzurro e Doxa, realizzata con più di 1500 persone di tutta Italia dimostra che i ragazzi tra i 11 e i 18 anni sono fruitori attivi della rete, dimostrano di conoscerla e di saperla utilizzare con dimestichezza, mostrando un estremo bisogno di rimanere in “contatto” attraverso i social network.
In questo scenario non è abbastanza strano che i bambini digitali nati e cresciuti nell’era informatica imparino prima a riconoscere e lanciare un app anziché allacciarsi le scarpe o andare in bicicletta.
Vista la crescita costante del fenomeno, sempre più professionisti che si occupano di educazione si interessano al tema scandagliando i rischi e i vantaggi che si possono avere da questo dato di realtà.
Secondo alcuni questi strumenti possono essere utili, in particolare dai 18 mesi sfruttandone l’aspetto interattivo, poiché se si utilizzano solo per guardare i cartoni, diventano delle tv portatili, con tutti i rischi dello stare tante ore immobili davanti ad uno schermo in maniera passiva. I principali rischi potrebbero essere l’affaticamento eccessivo della vista; l’isolamento psicologico che crea un mondo popolato esclusivamente dagli eroi dei giochi e delle applicazioni utilizzate, in particolare se si utilizzano tali strumenti per calmare i bambini quando piangono o quando sono eccessivamente agitati, perché sarebbe comunque consigliabile gestire le emozioni attraverso la mediazione e la vicinanza di un adulto e poi utilizzare tali strumenti per un momento di svago e non per avere una strategia per poter occuparsi di altro.
Questi strumenti che indubbiamente hanno anche le loro potenzialità dovrebbero comunque essere utilizzati in maniera limitati in particolare fino ai 7 anni di età per non sforzare sia dal punto di vista fisico che psicologico il bambino che le utilizza senza creare mai una dipendenza.
I bambini conoscono il mondo attraverso “le mani” che sono i primi strumenti dell’intelligenza umana per cui è fondamentale che non si perda l’aspetto della scoperta e della manipolazione dei diversi materiali che sicuramente non può avvenire soltanto “strisciando” il dito su uno schermo.
È fondamentale offrire esperienze di gioco di natura sensoriale, corporea, esplorativa volte a sostenere i processi di sviluppo del bambini: manipolare, stringere, strisciare, stroppicciare, appallottolare, toccare materiali diversi coinvolgendone tutti e 5 i sensi, proprio perché il corpo del bambino ha necessità di confrontarsi con la sensorialità per poter crescere conoscendo il mondo circostante.
Gli oggetti di uso quotidiano sono spesso una miniera preziosa per infiniti giochi di esplorazione e di scoperta. La sensibilità degli adulti per il mondo delle cose è spesso annebbiata dall’abitudine che induce a gesti frettolosi e automatici: lo stupore e la meraviglia dei bambini per le magie della quotidianità possono essere piacevolmente contagiosi, se decidiamo di condividerli con loro.
Tutto questo, può e deve stare al fianco anche delle nuove tecnologie che comunque non possiamo negare o rinnegare perché appartengono al nostro tempo ed esistono, ogni luogo né è impregnato, proprio per tale motivo è bene conoscerne e studiarne rischi e potenzialità senza demonizzarle ma allo stesso tempo senza abusarne in maniera eccessiva.
Credo che inevitabilmente questo discorso sia valido per tutti, adulti e piccini perché non possiamo chiedere ai più piccoli di avere comportamenti diversi se noi per primi passiamo tutto il nostro tempo libero davanti a schermi di pc, tablet e smartphone.
27 Marzo 2015
di Dott.ssa Sara Savoretti
Coordinatrice Area Infanzia “Il Millepiedi” Cooperativa Sociale