Spegnere la luce ed addormentarsi, per un bambino, significa iniziare un lungo viaggio solitario nel cuore della notte.
Il passaggio dal giorno alla notte rappresenta non solo il distacco dai genitori, ma anche dal mondo esterno, dalla vita con gli altri e da tutti i nuovi giochi e i nuovi interessi che il bambino sta scoprendo.
Perché dovrebbero avere voglia di lasciare andare tutte le eccitanti novità che stanno imparando a conoscere, per sprofondare nella solitudine, nel buio, nel silenzio? I bambini sanno bene che quando loro dormono la vita e tutte le attività continuano.
Esiste anche una paura molto radicata nel bambino: l’ansia che abbandonando il mondo per andare a dormire, tutto quello che esiste intorno a lui scompaia. Soprattutto se sta attraversando crisi, cambiamenti, fasi di conflitto e gelosia. Il sonno è una separazione.
Se i genitori hanno lavorato tutto il giorno, proprio attraverso il non andare a dormire, rivendica il tempo da trascorrere con loro che non gli è stato dedicato prima.
L’atteggiamento del genitore influenza le aspettative del bambino rispetto al dormire.
Pensare che andare a dormire nel proprio letto sia un piacere porta ad essere più decisi rispetto al fatto che il bambino dorma da solo. Se invece il letto viene vissuto o ricordato, nella propria esperienza infantile come un posto solitario e desolato, inevitabilmente si penserà che il bimbo abbia la stessa percezione che sia questo il motivo per cui non vuole stare solo e si tenderà a lasciarlo nel lettone.
Non è detto però che le sue motivazioni siano uguali a quelle del genitore.
Il bambino è una persona diversa con le sue specificità e occorrerà che l’adulto impari ad ascoltarlo e comprenderlo.
È necessario comprendere quali e di chi siano i bisogni. Per esempio: genitori che si sentono in colpa perché trascorrono molto tempo fuori casa, possono essere più propensi a lasciare il figlio nel letto, per supplire la loro assenza.
Oppure coppie in difficoltà possono tenere il figlio nel proprio letto per non essere costretti a condividere un’intimità, in quel momento non desiderata. In questi casi è un bisogno dei genitori.
L’addormentamento
Le abitudini al sonno vanno apprese. L’ora di andare a dormire non indica al bambino quando deve dormire, ma serve a creare un ambiente da indurre il sonno. Non si può pretendere che i bambini si addormentino da soli, passando direttamente dalla veglia al sonno.
Genitori e bambini sono sensibili alla separazione insita nell’andare a dormire ed occorre prepararsi attraverso dei rituali.
Raccontare una storia (importanza di essa nella gestione delle emozioni), fare un massaggio, ascoltare una musica di accompagnamento, sono tutti rituali che permettono di passare dall’attività della veglia ad un progressivo rilassamento che prepara al sonno. Dare al bambino un oggetto che rappresenti i genitori.
I rituali in quanto tali devono essere ripetitivi, prevedibili ed è proprio questo che li rende rassicuranti.
A volte i bambini ricordano le paure solo al momento di dormire, ma un genitore può pensarci anche durante il giorno scegliendo il momento opportuno per parlarne, per trovare assieme al figlio dei modi per affrontarla attraverso gli strumenti propri dei bambini, favole, giochi, disegni.
Regole del sonno: dovrebbero apparire al bambino necessarie obiettive e indiscutibili. Inutile chiedere: “andiamo a letto?” la domanda autorizza il rifiuto. Va ascoltato il bisogno del bambino. Tutte le eccezioni vanno spiegate perché non devono essere frutto dell’umore del genitore. Le regole esistono ma si possono modificare se ci sono buoni motivi per farlo.
3 luglio 2015
Dott.ssa M.Paola Camporesi Coordinatrice pedagogica de “Il Millepiedi” cooperativa sociale