La rabbia può essere considerata quindi il “calderone” dove ribollono tante altre emozioni: frustrazione, impotenza, preoccupazione, delusione, ecc.., ma non può essere considerata come positiva o negativa. E’ un’emozione e in quanto tale noi la proviamo, e nessuno può dire che sia giusto o sbagliato provarla. Discutibile e giudicabile può essere la modalità attraverso la quale esprimiamo questa emozione.
Nei bambini succede la stessa cosa: la loro rabbia, come quella degli adulti spesso nasconde qualcos’altro: dolore, angoscia, paura dell’abbandono, impotenza sentirsi “invisibili” perché non ascoltati, tristezza, gelosia…. Ciò di cui in genere hanno bisogno queste rabbie è di essere prese in considerazione, riconosciute, ascoltate, rispettate e capite. Spesso fare questo non è così semplice. Confrontarsi con la rabbia altrui richiede di aver una buona capacità di gestione della propria. Di fronte alla rabbia del bambino l’adulto deve cercare di riconoscere ascoltare e rispettare tutte le emozioni che ci stanno dietro, riuscire a contenerle, tollerarle e aiutare i bambini ad imparare a farlo.
Nel caso della collera dei bambini essa non dovrebbe mai essere sottovalutata o ignorata, ma presa in considerazione e ascoltata, cercando di capire che cosa c’è alla sua origine: tristezza, disperazione, paura, ecc. e renderne consapevole il bambino.
Ascoltare e cercare di comprendere e rimandare il sentimento espresso dal bambino, senza rispondergli con una valutazione, un’opinione o un giudizio.
Sentirsi capiti da ascoltati e rispettati, senza che l’altro prenda una posizione giudichi o dia consigli, ma rimandi l’emozione, fa sentire il bambino accettato, e gli permette a sua volta di poter riflettere su ciò che prova.
L’accettazione riguarda il bambino nella sua totalità come persona. Questo non significa che si debbano accettare anche i comportamenti che si ritengono inadeguati o pericolosi, nel caso della rabbia, certe manifestazioni aggressive nei confronti di sé e degli altri. Questi vanno corretti e modificati, senza mettere in discussione l’affetto che si prova per il bambini inviandogli per esempio messaggi giudicanti come “sei cattivo quando ti arrabbi”, ma piuttosto specificando come la non accettazione sia rivolta al suo comportamento, piuttosto che a lui come persona.
Quando un bambino ha un eccesso di rabbia, del quale non si riesce a capire il motivo, spesso la reazione che viene immediata è quella di rispondere con un atteggiamento altrettanto aggressivo. Questo porta ad un escaletion dell’aggressività che provoca solo un inasprirsi della situazione. Quello di cui il bambino ha bisogno è invece un atteggiamento calmo dell’adulto, che ne contiene la rabbia e gli permette di rendersi conto che ciò che prova non è così terribile da distruggere il legame. L’accettazione passa quindi dalla possibilità di non rispondere con rabbia alla collera del bambino, ma anche attraverso la verbalizzazione di ciò che sta provando.
Accettare la rabbia del bambino aiutandolo a comprendere ciò che gli sta succedendo gli permette di sentirsi contenuto e non invaso dalla sua collera, che diventa qualcosa di gestibile e affrontabile. Il bambino in questo modo si sente accettato e amato per quello che è non tanto in base a quello che fa.
Per educare un bambino ad accettare, riconoscere e di conseguenza modificare la propria aggressività, è necessario che chi gli stia vicino sia in grado di farlo. Questo è possibile solo se l’adulto non nasconde o nega la propria aggressività, ma ne è consapevole e in grado di esprimerla verbalmente “Sono arrabbiato per questo tuo comportamento” chiarendo le proprie posizioni. Il bambino sentirà che non è necessario reprimere la propria rabbia, ma essa può essere espressa senza esiti distruttivi e senza paura che il legame con gli altri possa spezzarsi. A sua volta imparerà a riconoscere ciò che prova ed ad essere congruente.
30 aprile 2014
Dott. Maria Paola Camporesi
Servizio Liberamente – Cooperativa Il Millepiedi
Immagine di apertura: Che rabbia! di Mireille D’Allancé