Se colpevolizziamo noi stessi o i nostri figli per i sentimenti di odio o di rabbia, determiniamo due conseguenze: impedire un sentimento che comunque esiste con la conseguenza di inibirne gli affetti oppure l’odio può trasformarsi in sordo rancore.
L’odio e la rabbia se non accolte ed educate continuano a persistere dentro di noi. L’eccesso di amore accanto all’eccesso di odio sono posizioni sbilanciate che non consentono una sana crescita.
Qualunque legame prevede anche piccole e grandi frustrazioni, piccole e grandi delusioni quindi è naturale che accanto all’amore sorgano anche sentimenti di rabbia e di odio.
Partiamo da quello che può essere il sentimento dei genitori verso il figlio: possono amarlo ma anche provare sentimenti di collera nei suoi confronti. Sin dalla nascita il figlio spesso non corrisponde al bambino di fantasia che come genitori abbiamo coltivato nell’attesa, andando a rimarcare uno scarto tra le fantasie e le aspettative dei genitori (bambino ideale) e la realtà di come quel bambino si presenta.
Inoltre il bambino chiede tanto, tanta attenzione e a questa massiccia richiesta il genitore risponde come può, sentendosi a volte sovraccaricato. All’inizio il bambino non sa tutto ciò che i genitori fanno per lui (a volte rifiuta il cibo dato dalla madre ma lo accetta dalla zia, oppure è scontroso con la propria madre ma carino e gentile con il vicino di casa), tutto ciò può far suscitare sentimenti aggressivi verso il bambino. Il padre a volte può provare sentimenti negativi verso il figlio perchè in qualche modo ruba l’attenzione della propria moglie; a volte il padre si può arrabbiare quando, nonostante la sua disponibilità, il bambino chiede la presenza della madre e tutto ciò può sollecitare un senso di frustrazione verso i figli. I genitori possono provare sentimenti negativi perchè i figli usurpano un tempo privato della coppia.
Nell’incontro con il bambino reale tante possono essere le frustrazioni. E necessario che i genitori tollerino i propri sentimenti ambivalenti nei confronti dei loro figli, così saranno in grado anche di non colpevolizzarli per questo.
È importante riuscire a gestirle, contenerle e non lasciarsi travolgere.È comprensibile e fisiologico provare rabbia ma è importante saperla gestire. A volte ci si sente talmente in colpa che si cerca di reprimere la rabbia e di negarla; questo non facilita una autentica serenità. È importante che nella coppia possano essere condivise queste fatiche e capire perchè ci si sente in un certo modo, al di là del comportamento dei propri figli. A volte la rabbia verso i figli evoca le difficoltà del nostro essere stati bambini nel rapporto con i nostri genitori.
Un altro importante aspetto che motiva la rabbia verso i figli è la delusione delle aspettative nei loro confronti; tali aspettative rischiano di essere portate sui figli in modo rigido e, anche se desideriamo il meglio per loro, bisogna fare attenzione a non confonderle con i nostri desideri.
È frequente che ogni coppia genitoriale debba riaggiustare il tiro e mediare tra le proprie fantasie e la realtà. Lo scarto tra le nostre fantasie e la realtà del bambino, di come lui si presenta ai nostri occhi richiede un aggiustamento; se i genitori ci riescono significa che le loro aspettative non erano così fondamentali; se faticano a farlo significa che certi vissuti emotivi, appartenenti al loro passato, influenzano fortemente le aspettative provate nei confronti del loro figlio.
Bisogna fare attenzione che la diversità delle aspettative non determini troppa rabbia e delusione. Ognuno di noi ha un sogno di figlio, ma questo sogno deve incontrarsi con la realtà perchè c’e il rischio che il figlio si senta rifiutato ed il genitore deluso. L’adulto deve mediare dentro di sé tra rabbia e delusione.
L’amore è la capacità del genitore di dare al figlio un senso di appartenenza, di corrispondere ai suoi bisogni e di dargli un’illusione di onnipotenza (ad ogni bisogno del bambino c’è il genitore che soddisfa). Questo accade spesso nei bambini piccoli ma se il genitore gradualmente non modula questa disponibilità totale e non offre delle frustrazioni, il rischio è quello di favorire un legame illusorio di dipendenza da noi adulti. Fargli vivere delle frustrazioni significa aiutarlo a separasi e ad avere stima di sé. L’incrocio tra i Si ed i No, tra le gratificazioni e le frustrazioni sostiene la possibilità dei figli di separarsi e di rendersi autonomi senza sentirsi abbandonati. Il vero amore libera, crea un legame che dura tutta la vita ma che favorisce e stimola l’autonomia: questo significa promuovere una crescita equilibrata.
I genitori non solo devono amare il proprio figlio, ma devono amare anche se stessi.
Se i genitori non si amano, non hanno sicurezza di se stessi e se si svalutano, il bambino sentirà di poter dominare il genitore; se quest’ultimo si lascerà dominare e sarà eccessivamente sacrificale, il bambino si sentirà sovraccaricato di una responsabilità eccessiva, si sentirà in colpa e a volte proverà rabbia, avvertendo la necessità di proteggere il proprio genitore.
Nella coppia genitoriale è importante che ci sia coerenza e rispetto, ancor più in caso di separazione.
Per amore dei figli sarebbe importante che i conflitti di coppia non si riversassero sui figli. Anche se inizialmente la madre è il genitore maggiormente coinvolta, il ruolo del padre, soprattutto nei primi anni di vita, è fondamentale: da un lato deve sostenere la relazione madre-bambino, anche proteggendo la madre dagli eccessi emotivi che questo simbiotico legame comporta; dall’altro dovrebbe aiutare madre e bambino ad uscire dalla reciproca fusione in cui sono coinvolti, per sostenere i processi di crescita e separazione. Il padre diventa quindi portatore di un amore che libera.
Come i genitori possono provare sentimenti di amore e di rabbia verso il bambino, anche i bambini possono amarli od odiarli. A volte il bambino ha un bisogno totale del genitore, che se non soddisfatto scatena tanta rabbia. Aiutare il bambino a non spaventarsi per questi sentimenti rabbiosi così potenti rappresenta una funzione di contenimento fondamentale svolta dai genitori.
Tale funzione si traduce nel poter leggere le emozioni del bambino, verbalizzando ciò che da solo non riesce a dire e ad esprimere, per poter meglio riconoscere e mentalizzare i propri vissuti.
L’educazione affettiva ed emotiva passa attraverso la capacità dei genitori di dare nome e mente agli impulsi e alle emozioni che il bambino esprime con il suo comportamento. Dando nome e favorendo un processo di rispecchiamento emotivo si può insegnare al bambino a contenere e gestire le sue emozioni. Fondamentale leggere e verbalizzare ai figli le emozioni e che esprimono e alle quali non riescono a dare un nome.
Spesso i figli riversano la loro rabbia sul genitore che sentono più vicino, disponibile e attento e meno a quello distante, abbandonico e trascurante; è importante che non ci si senta attaccati e distrutti. Se si riesce a non sentirsi tali forse si è più fiduciosi nel sostenere la loro rabbia. Paradossalmente la rabbia del figlio è il riconoscimento della nostra importanza per lui: se il bambino esprime la rabbia è perchè sa che il genitore la può reggere, mentre se avverte il contrario non la esprimerà.
Inizialmente sono i genitori che regolarizzeranno le emozioni del bambino e lo aiuteranno a dar loro un significato, poi gradualmente il bambino imparerà ad interiorizzare questa funzione. Il bambino che non viene arginato nella manifestazione della sua aggressività (troppo permissivismo) o il bambino che è troppo colpevolizzato (eccessiva rigidità) sollecita un odio con il rischio che l’aggressività sana si trasformi in rancore sordo. Gli eccessi determinano o sensi di colpa eccessivi o la totale negazione di questi ultimi.
L’educazione sana della rabbia dovrebbe essere: “poichè come bambino amo i miei genitori sono anche molto arrabbiato con loro!”, “se i miei genitori hanno letto i miei sentimenti, accolti e non censurati riesco a riconoscerli entrambi”.
Il genitore che si mostra distrutto e ferito, quando il bambino esprime la sua aggressività nei suoi confronti, non gli permetterà di riparare. Il senso di colpa sano consente di riparare senza che il bambino si senta cattivo e umiliato, altrimenti il rischio è che prevalga l’angoscia e l’odio sull’amore.
28 febbraio 2014
Dott.ssa Valentina Donzelli (psicologa e psicoterapeuta)
Servizio Liberamente – Cooperativa Il Millepiedi